MILANO - «Demjanjuk
sia dichiarato colpevole e il mondo sappia cosa
successe a Sobibor». Esplode la rabbia dei sopravvissuti
all'Olocausto e delle famiglie delle vittime
presenti a Monaco per assistere al processo contro
l'ex guardia nazista del campo di Sobibor, l'89enne
ucraino accusato di aver contribuito alla morte
di 27.900 ebrei e che la giustizia tedesca rincorre
da oltre trent’anni. «Demjanjuk sia dichiarato
colpevole e il mondo sappia cosa successe a Sobibor»
ha detto Rivka Bitterman, che vive a Gerusalemme.
Suo padre fu deportato dai Paesi Bassi e morì
nel lager polacco. «Non voglio vendetta, voglio
solo che Demjanjuk dica la verità» ha dichiarato
Thomas Blatt, 82 anni, sopravvissuto al campo
di Sobibor che si è costituito parte civile al
processo. «Non ci sono punizioni sufficienti
per ciò che ha fatto» ha aggiunto Blatt, oggi
di nazionalità americana. Il tribunale di Monaco
ha riconosciuto come parte lesa nel processo
19 sopravvissuti o parenti di sopravvissuti di
Sobibor. Al processo assiste Efraim Zuroff, capo del Centro Simon Wiesenthal di Gerusalemme. «Il processo che
si è aperto a Monaco ha un importante ruolo etico
e educativo nella società» ha affermato il presidente
dello Yad Vashem, il museo della Shoah a Gerusalemme,
Avner Shalev. «I sopravvissuti - ha aggiunto
sono interessati a un briciolo di giustizia»
anche se in ritardo.
IN AULA IN BARELLA - L'ottatanovenne ucraino è accusato di concorso nello sterminio
di 28mila ebrei nel lager di Sobibor, nella Polonia
occidentale. Per il suo legale, Demjanjuk non
è «il boia di Sobibor», ma un superstite dell'Olocausto
costretto a lavorare nei lager. L'uomo è stato
portato in aula in sedia a rotelle e nell'udienza
pomeridiana addirittura in barella, coperto da
capo a piedi un lenzuolo bianco. In mattinata
l’imputato, che soffre di una forma di leucemia
o, secondo altre fonti, di un tumore ai reni,
ha agitato il braccio, in segno di dissenso,
mentre dei medici chiamati a testimoniare affermavano
che era idoneo a sostenere il processo. Il giudice
ha sospeso la seduta dopo circa 20 minuti, mentre
un responsabile ha affermato che l’imputato soffre
di mal di testa. Circa mezz’ora dopo è rientrato,
adagiato sulla lettiga e con il viso coperto
per la ripresa del processo. L’udienza è poi
stata poi riaggiornata a martedì alle 10. Il
suo legale, Ulrich Busch, ha chiesto la ricusazione
di giudici e pm per «l'arbitrio» di averlo incriminato per concorso nello sterminio di 27.900
ebrei in un lager polacco malgrado lui sia solo
«un sopravvissuto dell'Olocausto, non un esecutore».
Per l'avvocato Demjanjuk va messo «sullo stesso
piano» delle parti civili del processo, poiché
fu costretto a lavorare nel lager con la minaccia
di essere ucciso. Il legale ha ricordato che
in altri processi svoltisi a Monaco di Baviera
alcuni ufficiali nazisti furono assolti. «Viene
da chiedersi come sia possibile che sia innocente
chi diede gli ordini e colpevole chi li ha eseguiti»,
ha affermato Busch. Nato in Ucraina nel 1920,
John (Yvan) Demjanjuk, soldato dell’Armata rossa,
fu catturato dai nazisti nella primavera del
1942. In seguito fu addestrato nel campo di Treblinka,
in Polonia, prima di essere assegnato in servizio
per due anni nei campi di Sobibor e Majdanek,
sempre in Polonia e Flossenburg, in Baviera.
Demjanjuk ha sempre affermato di essere stato
costretto a lavorare per i nazisti e di essere
stato scambiato da dei sopravvissuti con altri guardiani. Nel 1952 emigrò negli States e sei anni dopo
ottenne la nazionalità americana. Se riconosciuto
colpevole Demjanjuk rischia l’ergastolo.
RESSA DI GIORNALISTI
- Il processo si è aperto con un'ora ed un quarto
di ritardo in mezzo ad una ressa indescrivibile,
poiché nell'aula c'erano solo 68 posti riservati
alla stampa, mentre sono oltre 270 i giornalisti
arrivati da ogni parte del mondo. I reporter
avevano fatto la fila fin dalle primissime ore
del mattino per riuscire ad essere ammessi in
aula, con l'imputato entrato su una sedia a rotelle,
ma tenendo gli occhi chiusi e la bocca aperta
sotto una lunga raffica di flash dei fotografi.
Da quando è stato estradato dagli Usa nel mese
di maggio, Demjanjuk si è rifiutato di rispondere
ai giudici sui crimini a lui addebitati, mentre
l'unica prova in mano all'accusa è un tesserino
di servizio del lager di Sobibor con il numero
1393, la cui autenticità è però contestata dalla
difesa. Il processo appena iniziato terminerà
non prima di maggio 2010, in quanto i medici
hanno stabilito che Demjanjuk a causa delle sue
precarie condizioni di salute non è in grado
di assistere ad udienze di durata superiore a
tre ore.
«MIO PADRE
È INNOCENTE» - In una telefonata dagli Stati
Uniti, John Demjanjuk junior si è detto convinto
dell'innocenza del padre, «che non ha mai fatto
male a nessuno e contro il quale non esiste la
minima prova a sostegno delle accuse». Demjanjuk
jr. si poi è riservato di denunciare il governo
tedesco, accusato di scaricare su un cittadino
ucraino le colpe commesse dai nazisti tedeschi
e imponendogli un processo «a cui non sopravvivrà».
Il figlio del presunto boia di Sobibor ha poi
spiegato che nessun componente della famiglia
verrà dagli Usa in Germania per assistere al
processo.
corriere.it
|