30 novembre 2009 corriere.it
Processo a Demjanjuk, i sopravvissuti:
«Il mondo conosca l'orrore di Sobibor»
L'ex nazista è accusato di aver contribuito allo sterminio di circa 28mila ebrei. Il suo legale: «Non è il boia»

MILANO - «Demjanjuk sia dichiarato colpevole e il mondo sappia cosa successe a Sobibor». Esplode la rabbia dei sopravvissuti all'Olocausto e delle famiglie delle vittime presenti a Monaco per assistere al processo contro l'ex guardia nazista del campo di Sobibor, l'89enne ucraino accusato di aver contribuito alla morte di 27.900 ebrei e che la giustizia tedesca rincorre da oltre trent’anni. «Demjanjuk sia dichiarato colpevole e il mondo sappia cosa successe a Sobibor» ha detto Rivka Bitterman, che vive a Gerusalemme. Suo padre fu deportato dai Paesi Bassi e morì nel lager polacco. «Non voglio vendetta, voglio solo che Demjanjuk dica la verità» ha dichiarato Thomas Blatt, 82 anni, sopravvissuto al campo di Sobibor che si è costituito parte civile al processo. «Non ci sono punizioni sufficienti per ciò che ha fatto» ha aggiunto Blatt, oggi di nazionalità americana. Il tribunale di Monaco ha riconosciuto come parte lesa nel processo 19 sopravvissuti o parenti di sopravvissuti di Sobibor. Al processo assiste Efraim Zuroff, capo del Centro Simon Wiesenthal di Gerusalemme. «Il processo che si è aperto a Monaco ha un importante ruolo etico e educativo nella società» ha affermato il presidente dello Yad Vashem, il museo della Shoah a Gerusalemme, Avner Shalev. «I sopravvissuti - ha aggiunto sono interessati a un briciolo di giustizia» anche se in ritardo.

IN AULA IN BARELLA - L'ottatanovenne ucraino è accusato di concorso nello sterminio di 28mila ebrei nel lager di Sobibor, nella Polonia occidentale. Per il suo legale, Demjanjuk non è «il boia di Sobibor», ma un superstite dell'Olocausto costretto a lavorare nei lager. L'uomo è stato portato in aula in sedia a rotelle e nell'udienza pomeridiana addirittura in barella, coperto da capo a piedi un lenzuolo bianco. In mattinata l’imputato, che soffre di una forma di leucemia o, secondo altre fonti, di un tumore ai reni, ha agitato il braccio, in segno di dissenso, mentre dei medici chiamati a testimoniare affermavano che era idoneo a sostenere il processo. Il giudice ha sospeso la seduta dopo circa 20 minuti, mentre un responsabile ha affermato che l’imputato soffre di mal di testa. Circa mezz’ora dopo è rientrato, adagiato sulla lettiga e con il viso coperto per la ripresa del processo. L’udienza è poi stata poi riaggiornata a martedì alle 10. Il suo legale, Ulrich Busch, ha chiesto la ricusazione di giudici e pm per «l'arbitrio» di averlo incriminato per concorso nello sterminio di 27.900 ebrei in un lager polacco malgrado lui sia solo «un sopravvissuto dell'Olocausto, non un esecutore». Per l'avvocato Demjanjuk va messo «sullo stesso piano» delle parti civili del processo, poiché fu costretto a lavorare nel lager con la minaccia di essere ucciso. Il legale ha ricordato che in altri processi svoltisi a Monaco di Baviera alcuni ufficiali nazisti furono assolti. «Viene da chiedersi come sia possibile che sia innocente chi diede gli ordini e colpevole chi li ha eseguiti», ha affermato Busch. Nato in Ucraina nel 1920, John (Yvan) Demjanjuk, soldato dell’Armata rossa, fu catturato dai nazisti nella primavera del 1942. In seguito fu addestrato nel campo di Treblinka, in Polonia, prima di essere assegnato in servizio per due anni nei campi di Sobibor e Majdanek, sempre in Polonia e Flossenburg, in Baviera. Demjanjuk ha sempre affermato di essere stato costretto a lavorare per i nazisti e di essere stato scambiato da dei sopravvissuti con altri guardiani. Nel 1952 emigrò negli States e sei anni dopo ottenne la nazionalità americana. Se riconosciuto colpevole Demjanjuk rischia l’ergastolo.

RESSA DI GIORNALISTI - Il processo si è aperto con un'ora ed un quarto di ritardo in mezzo ad una ressa indescrivibile, poiché nell'aula c'erano solo 68 posti riservati alla stampa, mentre sono oltre 270 i giornalisti arrivati da ogni parte del mondo. I reporter avevano fatto la fila fin dalle primissime ore del mattino per riuscire ad essere ammessi in aula, con l'imputato entrato su una sedia a rotelle, ma tenendo gli occhi chiusi e la bocca aperta sotto una lunga raffica di flash dei fotografi. Da quando è stato estradato dagli Usa nel mese di maggio, Demjanjuk si è rifiutato di rispondere ai giudici sui crimini a lui addebitati, mentre l'unica prova in mano all'accusa è un tesserino di servizio del lager di Sobibor con il numero 1393, la cui autenticità è però contestata dalla difesa. Il processo appena iniziato terminerà non prima di maggio 2010, in quanto i medici hanno stabilito che Demjanjuk a causa delle sue precarie condizioni di salute non è in grado di assistere ad udienze di durata superiore a tre ore.

«MIO PADRE È INNOCENTE» - In una telefonata dagli Stati Uniti, John Demjanjuk junior si è detto convinto dell'innocenza del padre, «che non ha mai fatto male a nessuno e contro il quale non esiste la minima prova a sostegno delle accuse». Demjanjuk jr. si poi è riservato di denunciare il governo tedesco, accusato di scaricare su un cittadino ucraino le colpe commesse dai nazisti tedeschi e imponendogli un processo «a cui non sopravvivrà». Il figlio del presunto boia di Sobibor ha poi spiegato che nessun componente della famiglia verrà dagli Usa in Germania per assistere al processo.

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