27 set 2011
cronachelaiche.it
I giorni freddi d’Ungheria
di Claudio Tanari

Si gelava a Novi Sad, in Voivodina, quel 23 gennaio del 1942, quando centinaia di pattuglie della Magyar Kiralyi Csendorség, la Gendarmeria ungherese collaborazionista della Wehrmacht tedesca, avviarono la gigantesca caccia all’uomo.
Era territorio dei partigiani di Tito, quello: quando la Germania aveva occupato la Jugoslavia, l’Ungheria del filonazista Miklos Horthy si era annessa la regione incontrando però una forte resistenza. Di qui la rappresaglia.
Una delle pattuglie che entrarono a Novi Sad era comandata da Sandor Kepiro, ufficiale della Csendorség. Era tra quelli che catturarono e trucidarono 1246 persone: uomini, donne, vecchi, bambini. Serbi, ebrei, partigiani: un pogrom etnico e politico.
Sulla crosta del fiume Tisza, ghiacciato, vennero praticati dei buchi: le vittime furono spinte a gettarsi in acqua, quindi tenute giù grazie a lunghe pertiche. L’intera comunità ebraica, circa settecento persone, venne sterminata quel giorno.

Giudicati e condannati già nel 1946, ai macellai di Novi Sad erano stati inflitti dieci anni di reclusione. Ma Kepiro era riuscito a fuggire in Argentina. Efraim Zuroff, direttore del Simon Wiesenthal Center a Gerusalemme, lo smascherò nel 2006, dieci anni dopo che il boia aveva fatto ritorno in Ungheria. A luglio di quest’anno, l’ultimo atto: il processo, «un circo basato su menzogne» secondo lo stesso Kepiro, lo assolve per insufficienza di prove; del resto, per l’ordinamento giuridico ungherese, nessuno può essere giudicato due volte per lo stesso reato.

Il criminale ungherese è morto, libero, lo scorso 3 settembre. Domenica i funerali: «È stato un vero patriota, fedele alla nazione e all’onore» hanno affermato le centinaia di nostalgici filonazisti presenti alla cerimonia, come alcuni leader di Jobbik, gruppuscolo razzista e antisemita, reduci della Gendarmeria ed esponenti della Magyar Gàrda, la milizia Jobbik che agisce da tempo contro rom, minoranze e avversari politici sotto l’occhio benevolo della polizia.
E’ l’Ungheria di Viktor Orban e di Fidesz, il partito nazionalista e parafascista al governo in un paese dell’Ue che ha recentemente varato una carta costituzionale apertamente xenofoba e integralista.

Forse a Strasburgo – ultimamente molto distratta dai rischi di default finanziario – andrebbe organizzata la visione del film di Miklos Jancsò Hidek napok (I giorni freddi), sulla strage di Novi Sad. Per ricordare il passato e affrontare con un piglio più credibile ed autorevole il presente.
Perché in Ungheria e nel Vecchio Continente non tornino mai più giorni freddi come quelli.

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